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domenica, marzo 26, 2017

La voce primitiva

In fondo noi potremo parlare di una voce primitiva quando ci riferiamo alla nostra naturale, spontanea vocalità, sia parlata che cantata, da contrapporre alla vocalità artistica cui aspiriamo, che considero evoluta. Entrambe sono voci "naturali", nel senso che non ci sono e non ci debbono essere trucchi, artifici, meccanismi muscolari per "fare" una voce diversa dal naturale, ma per raggiungere la seconda occorre un percorso, diciamo uno sviluppo, che consenta a questa voce di compiere un salto, una trasformazione che non è esterna, non è imposta da fuori, ma esiste potenzialmente in essa (più precisamente nel fiato); essa deve essere vivificata, stimolata, provocata (partendo però da un'esigenza che deve essere sentita). Quindi il termine "sviluppo" non deve essere inteso nel senso fisico (come quello muscolare), ma interno, come la potenza di un numero. Un numero elevato alla seconda o terza potenza, o più, non va pensato semplicemente come moltiplicato per sé stesso un certo numero di volte (che rappresenterebbe un mero meccanismo); il termine "potenza" è stato usato sapientemente. E' come se il numero "esplodesse", cioè manifestasse una sua potenzialità, diventando 4, 8 o tutti i numeri rappresentati dalle infinite potenze. Capita questo con il fiato educato con una disciplina giusta i canoni artistici che ci guidano. La voce non è premuta, spinta o "qualunquemente" manipolata fisicamente al fine di risultare molto forte; la voce dà il massimo di sé in termini espressivi e musicali, oltreché sonori, al termine della fase educativa, per il semplice fatto di volerlo, cioè di cantare. Tutto il resto sono chiacchiere e contorsioni mentali che non fanno che disorientare e confondere. Sapere, informarsi, è una buona regola, ma pensare di trasformare le informazioni in opere è tremendamente difficile, se parliamo di opere d'arte, cioè di come produrle, di come rendere il corpo strumento d'arte. Solo rarissimi maestri ci possono arrivare in virtù di una esigenza spirituale che rasenta la sopravvivenza; noi dobbiamo rifarci a questi tesori, se ci interessa davvero cantare e fare musica con arte, se no è un'altra cosa. Molte persone sentendo un cosiddetto dilettante cantare, dicono "voce grezza", "non educata"; altri dicono "non impostata", "non lirica" o addirittura "non è in maschera". Sono due punti di vista molto diversi, se esaminiamo, e procedono da aspetti culturali diversi. I primi non ne fanno una questione di categoria, di settore, si limitano a notare che una certa voce non possiede (ancora) quelle caratteristiche che dovrebbero farla assurgere a strumento musicale. Magari la persona ha buone caratteristiche musicali, espressive, ma la sua voce non "arriva" del tutto, è incompleta. I secondi, invece, partono da una presunta competenza, cioè loro pensano di sapere cosa ci vuole per far sì che una voce sia "importante", ci vuole un "imposto", occorre che "suoni in maschera", altrimenti non è "lirica"; questo punto di vista lo potremmo definire, anche senza voler insultare, presuntuoso. Quando dico grezza, credo che possa comprendere chiunque, cioè è una terminologia molto ampia, che dovrebbe far capire che è una voce non raffinata, non pura (suono o materia prima, come dicevo in un post precedente). Se dico "non impostata", non sto dicendo niente, perché chi non è del settore non può comprendere (quindi c'è una volontà di tenere fuori chi non è del campo), ma chi è del settore capisce a modo suo, perché sono termini soggettivi (pure "in maschera") che non chiariscono niente. Non educata è una forma un po' più sottile, che richiede già qualche spiegazione, ma abbastanza semplice. C'è ancora da fare una precisazione. Chi parla di voce "impostata" o "in maschera", si riferisce precipuamente alla voce come oggetto, cioè qualcosa che dovrebbe nascere e muoversi in quanto tale, cioè non prende in considerazione la sua origine respiratoria; anche grezzo è piuttosto legato al fenomeno vocale, mentre l'accezione "educata", richiedendo qualche spiegazione, giungerà quasi certamente a prendere in considerazione anche il motore generante, appunto il fiato. I termini "primitiva" e "evoluta" personalmente non li ho mai trovati su testi o riviste, non credo siano mai stati usati coscientemente e con convinzione da alcuno, eppure li trovo i più appropriati. Gli uomini primitivi probabilmente avevano voci diverse e molto più rozze delle nostre, la comunicazione verbale sicuramente era diversa, ma appena creatasi un po' di civiltà, ecco che essa diventa un mezzo fondamentale, e l'uomo inizia a curarla e a preoccuparsi dei suoi aspetti più reconditi che, si sarà ben presto accorto, possono fare la differenza in tutti i campi: politici, militari, affettivi, lavorativi, educativi. Un leader abbisogna di una voce particolare (si può dire faccia parte del "carisma") che riesca a convincere, ad affezionare, fino a plagiare. Si potrebbe dire che sono le parole, ma non è così, o perlomeno non solo. Quindi dalla preistoria all'inizio dell'era civile, già ci fu un'evoluzione, ma ben presto i maestri si accorsero che si poteva far compiere ad essa un ulteriore cammino, per diventare oratori, attori, cantanti... Chi continua a pensare all'insegnamento del canto come a un allenamento fisico (anche in senso sportivo), è completamente fuori strada, anzi è addirittura in direzione contraria! L'evoluzione umana non può che essere dalla materialità verso la spiritualità. Allenare il corpo va benissimo, naturalmente, ma pensare di sottoporre alcune specifiche parti del corpo a una ginnastica, talvolta anche piuttosto rude, per migliorare una componente espressiva e spirituale, è un assurdo e un controsenso, e andrà, invece, a inibire proprio le possibilità che dalla materia possa scaturire quella potenzialità energetica e sublime che ci anima.

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