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venerdì, settembre 25, 2009
Maschera, Petto, Belcanto, Affondo....
mercoledì, settembre 16, 2009
La scienza e la voce
martedì, settembre 15, 2009
... dentro o fuori?
La stragrande maggioranza delle scuole di canto insegna l'imposto vocale ricorrendo di continuo a immagini e azioni che si svolgono all'interno del corpo, dal palato molle, alla gola, alla laringe, al diaframma. Sarebbe un po' come se un insegnante di pianoforte volesse dagli alunni continui interventi diretti sulle corde, sui martelletti, ... sulla meccanica, insomma. Alcuni insegnanti evitano qualunque azione legata alle labbra e ai muscoli del volto, molti, invece, fanno riferimento a muscoli che appaiono lontani dai punti di produzione del suono, come la nuca, la parte posteriore del collo, la schiena, l'addome, ecc. Oltre alle azioni, un cenno importante merita l'amplificazione. Moltissime scuole concentrano l'attenzione sull'ampiezza della gola pensando che ciò possa dare maggiore risonanza. Non si può dire in assoluto che ciò non sia vero; è possibile influire su alcuni muscoli del faringe e sulla stessa laringe per provocare un maggior spazio nell'epifaringe; questo provocherà uno scurimento del suono e anche un maggior volume. Ma... E sì, penso che tutti si aspettino il ma, a questo punto. Agire direttamente sui muscoli della gola comporta 1) che il suono si focalizzi in quel punto; 2) che le pareti, irrigidite dalla tensione, perdano l'elasticità indispensabile, invece, per una emissione esemplare; 3) che il maggior volume non si esplichi al di fuori dell'individuo, ma rimanga in gran parte dentro.
Una esemplare educazione del fiato/voce potrebbe svolgersi, come pensiamo effettivamente avvenisse anticamente, grazie al solo controllo del suono emesso, e agendo esclusivamente sulla parte esterna della bocca e del volto (che potremmo considerarli alla stregua della tastiera del pianista), e giusto un accenno ai muscoli del busto. Questo impedirebbe l'aggiungersi delle interferenze volontarie a quelle già provocate dall'istinto e dalle funzioni vitali.
venerdì, settembre 11, 2009
La compressione sottoglottica
lunedì, settembre 07, 2009
Il falsetto nell'uomo e nella donna
Il registro di petto nella donna
Il registro di petto suscita ancora perplessità in molte cantanti, studentesse di canto e soprattutto insegnanti; non è raro sentir dire da qualche docente che il petto "rovina la voce!". Un timore infondato e assurdo. Da dove proviene questa paura? in primo luogo da una assoluta incomprensione dei registri, che qualcuno mette ancora in relazione con le antiche percezioni, quando la meccanica dei registri era sconosciuta. Per questioni meramente fisiche, le note acute si percepiscono più fortemente nella testa e quelle gravi nel petto; questo, inoltre, è anche in relazione a un fatto anatomico: la laringe è legata allo sterno da un muscolo (sterno-cricoideo) che di fatto trasmette le vibrazioni alla cassa toracica, soprattutto nella note più gravi, quando la laringe è più bassa, ma è anche attaccata al cranio tramite l'osso ioide, quindi le vibrazioni che avvengono quando la laringe è più alta, e quindi nelle note più acute, passano con maggior facilità alle ossa della testa. Ma da qui la selva di equivoci. E' nata infatti l'assurda idea che facendo le note in registro di petto, queste non suonino "in maschera", cioè siano "basse". Quindi i soprani cantino tutto in falsetto, in modo da tenere il suono "alto". Questa cosa è talmente assurda che non so se fa ridere o piangere. Se così fosse vorrebbe dire che nessun maschio che canti, come normalmente è, per l'80-90% in registro di petto, dovrebbe poter mettere la voce "in maschera" (ma già sappiamo quanto è inappropriato e fuorviante questo termine).
Diciamo allora bene come stanno le cose. Pensiamo alla voce acuta della donna, e prendiamo a paragone un violino o una chitarra, e la loro corda più acuta, il "cantino". Quando dalle note più acute si scende verso quelle più gravi, la corda "sottile" a un certo punto diventa inappropriata, in quanto troppo tesa e sottile. Per questo a un certo punto si passerà alla II corda, più spessa e un po' meno tesa. Nel violino e nella chitarra poi il concetto si ripeterà altre volte per poter arrivare a coprire l'intera tessitura dello strumento. Nella voce umana la corda vocale può avere un atteggiamento che possiamo definire in "corda sottile", che è quella relativa al falsetto-testa, oppure un atteggiamento che definiamo in "corda spessa", relativa al registro detto di petto. Ora, come risulta lampante anche dall'esempio, la corda sottile man mano che si scende diventa inappropriata a emettere suoni sonori in zona grave, quindi diventa del tutto logico e naturale che si "passi" alla seconda corda, quella più spessa e meno tesa.
Fin qui i dati essenziali, ma si può andare oltre, dicendo che cercare di ottenere dalla corda tesa, sottile, suoni che non le sono appropriati (e cioè soprattutto dal do3 in giù), vuol dire andare a forzare e quindi a ingolare, per tentare di dare sonorità e corpo dove questi non esistono. E questa assurdità quando c'è un atteggiamento cordale lì pronto e fatto apposta. C'è ancora un dato non secondario. La voce in registro parlato, cioè in corda spessa o petto, è la voce "base" dell'uomo e della donna. Escluderla dalla gamma dei suoni cantati vuol dire affrontare la vocalità sempre con un atteggiamento teso e quindi più vulnerabile agli attacchi dell'istinto di conservazione e difesa della specie. I soprani i cui insegnanti dicono di non cantare mai in registro di petto, dovrebbero subito lasciarli.
Per correttezza dobbiamo dire che ci sono stati nella storia del canto anche esempi negativi di abuso del registro di petto, soprattutto nei mezzosoprani e nei soprani drammatici, che non hanno saputo equalizzare il passaggio e quindi hanno forzato e sguaiato il petto anche su note improprie. Ovviamente il nostro orientamento non è questo! Anche il petto deve sempre rispondere a nobiltà di accento, a bellezza ed equilibrio di emissione.